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LIUC presenta una ricerca dedicata ai Giovani e il lavoro


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LIUC presenta una ricerca dedicata ai Giovani e il lavoro

Circa il 40% dei giovani italiani tra i 15 e i 35 anni è impiegato in forme contrattuali precarie (lavoro autonomo o contratti a termine), mentre quasi un giovane su cinque (18%) non partecipa attivamente alla vita economica del Paese, rientrando nella categoria dei Neet (not in education, employment or training). Un dato che evidenzia un divario significativo rispetto ad altri Paesi europei: 10,5% in Germania, 6,3% nei Paesi Bassi, circa 13% in Francia e Spagna. Preoccupante, in particolare, l’incidenza femminile (22,3% contro il 14,5% dei coetanei maschi), pur considerando l’impatto del lavoro di cura non retribuito.

Questi alcuni dati – presentanti dal rettore Anna Gervasoni venerdì 13 giugno 2025 al Convegno dei Giovani Imprenditori, a Rapallo – frutto della ricerca sui Giovani e il lavoro condotta da LIUC, con il supporto di FSI e realizzata dall’ufficio studi dell’Ateneo nato su impulso del rettore Anna Gervasoni e guidato dalla professoressa Chiara Gigliarano.

La condizione socioeconomica delle nuove generazioni in Italia

La ricerca restituisce una fotografia aggiornata e comparativa della condizione socioeconomica delle nuove generazioni in Italia, con focus su istruzione, reddito, mercato del lavoro, imprenditorialità e accesso alla casa.

Nel 2023, il tasso di disoccupazione tra i 15 – 35enni è stato pari al 13%, con picchi al Sud (23,1%) e nelle Isole (24,1%), a fronte del 4,4% tedesco e del 10,8% francese. Particolarmente penalizzati i giovani senza diploma, tra i quali il tasso di inattività raggiunge il 19,9%.

Anche tra i giovani occupati si riscontra un differenziale retributivo marcato rispetto ai coetanei europei. Il reddito netto annuo medio di un laureato italiano – a parità di potere d’acquisto – si attesta appena sotto i 18mila euro, contro i quasi 30mila euro di un laureato tedesco. Le criticità si riflettono anche nella capacità di accesso al mercato immobiliare: a Milano, per esempio, un giovane dovrebbe destinare fino al 90% del reddito mensile per affittare un appartamento con due camere da letto, 77% a Venezia, 75% a Roma.

“Se i giovani lasciano il nostro Paese per lavorare all’estero, significa che abbiamo perso l’occasione di costruire una classe imprenditoriale e manageriale che possa guidare lo sviluppo e la crescita dell’economia reale italiana”, dichiara Anna Gervasoni, rettore LIUC. “Dobbiamo invertire questa tendenza creando un percorso di crescita economico e professionale che stimoli i giovani a pensare che restare in Italia sia una scelta vincente e non un ripiego”.

Per l’acquisto, il potere d’acquisto consente in media l’accesso a 13 metri quadrati a Milano, 16 a Roma, contro i 98 metri quadrati a L’Aquila. In questo contesto, l’età media per raggiungere l’autonomia economica in Italia si attesta oltre i 30 anni, rispetto ai 25 anni di molti Paesi del Nord Europa (Germania, Olanda, Danimarca).

Non sorprende dunque il progressivo aumento dell’emigrazione giovanile qualificata: dai 12mila under 39 che hanno lasciato l’Italia nel 2013 si è passati a 29mila nel 2023. Una dinamica che comporta una perdita annua stimata di gettito fiscale pari a 37,1 miliardi di euro, di cui oltre 11 miliardi imputabili solo alla fascia giovanile. A questi si aggiungono circa tre miliardi di euro di investimenti in formazione universitaria “persi” a seguito della relocation all’estero, con Germania, Svizzera, Spagna, Francia e Regno Unito tra i principali Paesi beneficiari.

Youth Enhancement Score

Per misurare in modo integrato l’attrattività dei territori italiani nei confronti delle giovani generazioni, LIUC ha elaborato lo YES – Youth Enhancement Score, un indice sintetico che considera una media ponderata di variabili legate a opportunità occupazionali, capacità di generare reddito, accessibilità abitativa, imprenditorialità e benessere soggettivo. Nella prima edizione dell’indice, l’Italia registra un punteggio medio pari a 81, contro il 114 del Belgio, il 93 della Germania e l’86 della Francia. Il gap più marcato riguarda mercato del lavoro e reddito, mentre il Paese si colloca nella media europea per alloggio e benessere soggettivo.

A livello regionale, l’Italia si conferma fortemente eterogenea: fatta cento la media nazionale, lo YES varia da 81 in Sicilia a 109 in Lombardia, con diverse regioni settentrionali già allineate agli standard europei e potenzialmente in grado di trainare un miglioramento sistemico.

Pubblicato il 16 Giugno 2025
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